lunedì 15 settembre 2008

La barbarie di un paese allo sbando


Diciannove anni, quasi un mio coetaneo. Questa era l'età di Abdoul, il giovane di colore ammazzato a sprangate ieri mattina. Una mattina qualunque, ordinariamente livida di un nebbioso grigiore in quella Milano sempre più specchio della nostra società, della nostra "Itaglia". Milano come Roma, come Napoli, come Genova, come Torino o Novara. Non città a caso, ma luoghi di memoria, dove razzismo e neofascismo (istituzionali e non) - fratelli di sangue - hanno agito con empietà.
Dove stiamo finendo? Alle ultime elezioni, un partito dichiaratamente xenofobo quale la Lega ha convinto almeno 1 italiano su 10. Non voglio strumentalizzare l'accaduto, sicuramente Bossi e i suoi amichetti non c'entrano (almeno direttamente) nulla. Ma sono le loro parole a essere colpevoli. E le parole hanno un potere enorme. Soprattutto sulla massa meno ricca di cultura, strumento fondamentale per decriptarle in modo critico e razionale. Ma la cultura, oggi, in Italia, è demonizzata. Siamo (quasi, purtroppo) al capolinea. Abdoul è un nuovo martire di un sistema socio-culturale in profonda crisi: tocca a noi arrestare questa pericolosa deriva, a testa alta, senza "guardare troppo nell'abisso per non far si che esso guardi in noi". Parola di Nietzche.

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