giovedì 30 settembre 2010

cagna






























Sei un cagnolino. Anzi una cagna.
Ti lasci trascinare dal vento, dalle interperie. Dalle atroci e vacue dolcezze che ti procura la vita mondana.
Devi ricordare le tue origini, il tuo locus di nascita, la voce di tua madre che sussurra una ninnananna e ti porge il suo seno flaccido.
Devi portare rispetto per tua madre, che ha ucciso le tue speranze, vanificato i tuoi sogni, annichilito le tue virtù, chiudendoti nella weberiana "gabbia d'acciaio" in cui alla fine tu stai benissimo.
Ma devi fingere di soffrire. Questo essere antinomica e perennemente in contraddizione ti mette a disagio, pure quando sei sola, con te stessa, come un cane. E ti ribelli, manifesti, urli. Puttana.
Ti odio.
Muori, cagna.

sabato 27 marzo 2010

RECENSIONE: "Teste Quadre" - A. Gianolio

Ho ritrovato oggi la recensione del libro "Teste Quadre" di Aldo Gianolio, con cui partecipai alla scorsa edizione di "Biella Letteratura".


«E’ più nebbia che altro». Non è per fare il verso al citazionismo – peraltro sempre acuto – di Gianolio che inizio questa recensione-riflessione con un richiamo musicale, ma i Marlene Kuntz, in “Nuotando nell’aria”, sembrano esprimere genuinamente il pensiero ispiratomi dalla lettura del libro. Più che la nebbia, emblema mattutino delle periferie rurali della provinciale “Città Quadrata”, è la mente del suo popolo ad autoinfliggersi un perenne offuscamento. E’ il mito del “Buon Selvaggio” rivisto in chiave moderna – ovvero delle genti “contadine” - che torna, prepotentemente, ad essere metafora efficace nella comprensione dei fenomeni socio-politico-culturali del nostro tempo. Ed è proprio il tempo la grande incognita del romanzo: un’ellissi temporale spazia dalla prima guerra mondiale allo tsunami indonesiano del 2004, lasciando pressoché incollocabile una vicenda che potenzialmente avrebbe potuto durare anche cento anni. Perché alla fine Gianolio ce l’ha a morte col liberismo sfrenato di lungo corso che, proprio in queste ultime settimane, sta dimostrando di essere non soltanto un sistema iniquo ma strutturalmente fallace e inefficiente. L’ironia, unita ad un fine che ricorda non troppo vagamente l’ “utile per scopo” manzoniano, rimarca ancora una volta la sua validità in campo di critica sociale; il romanzo, con la sua scrittura fresca e scorrevole, è autentica espressione di un rinnovato realismo, pienamente coerente con le logiche contemporanee.

Con questo stile tangibilmente concreto viene rappresentato, in maniera alquanto sconcertante, il mondo del lavoro - probabilmente il “peggiore dei mondi possibili” - specchio quanto più empirico dell’universo globalizzato; ne sono esaudiente argomentazione le inquietanti descrizioni dei controversi rapporti sindacato-azienda. E’ impossibile, esortati da queste verosimili narrazioni, non volgere lo sguardo alle trattative sindacali che spesso sono potenzialmente in grado di decretare il fallimento di un’azienda, mettendo a repentaglio migliaia di posti di lavoro. Non è sicuramente a ciò che aspirano i lavoratori: l’analisi va quindi oltre alla semplice descrizione di un sistema immorale e privo di meritocrazia, interrogandosi obiettivamente sulla concreta operatività del sindacato, ai giorni nostri. Certamente il pensiero di Gianolio è poco ottimista, e il mondo di ingiustizia, iniquità e raccomandazioni da lui descritto rimembra assai, non troppo celatamente (si vedano le frequenti frecciatine alla politica e alle istituzioni giuridiche), l’odierna situazione nazionale.

Ma quale alternativa è proposta a questo caos quasi apocalittico, governato da arrivisti e prepotenti criminali? L’Anarchia potrebbe sembrare, ad una prima analisi superficiale, la risposta; ma i suoi militanti sono spesso descritti in modo caricaturale, al limite della comicità, e lo stesso autore sembra ricredersi sull’ (anti)ideologia quando narra ad esempio del vino “Bakunin” imbottigliato dall’ acuto nonno Cacciavillani, o del vecchio anarchico bombarolo in bicicletta.

Così l’anarchia diventa un palliativo, una droga, una «terapia per l’era democratica» - sempre per citare un gruppo musicale, i CCCP di Giovanni Lindo Ferretti, conterraneo di Gianolio e menzionato occultamente nel romanzo – per rendere meno aspra la dissennata realtà; l’ebbrezza data dall’anarchismo non è una soluzione, bensì un mero sedativo per «gli onesti e i buoni».

E pure l’”Uomo Mascherato” sembra poter calzare appieno l’utopia anarchica, che «morirà solo quando saranno spariti dalla faccia della terra il male e l’ingiustizia» e intanto continuerà a far vivere qualche reietto della società nel sogno di un futuro migliore, più equo, più pacifico, più felice.

Il «danarismo» - o scienza della speculazione - è invece quel disvalore al cui cospetto si inchinano uomini e donne (ma nel romanzo solo una di loro occupa un ruolo rilevante, esse hanno ancora molta strada da fare!) bramosi di potere: senza la sua benedizione è matematicamente impossibile scalare “la montagna” sociale, si è destinati ad una vita infelice e priva di qualsivoglia realizzazione pratica e personale (visto e considerato che nella società odierna i due propositi coincidono pericolosamente). Ma l’invettiva contro i capitalisti diventa anche una pesante ammonizione a tutti i buoni, sfruttati e soggiogati, che sono – a dir di Gianolio – troppo “tranquilli”, rinunciando a reclamare i loro diritti costantemente oltraggiati. E se questi, un giorno, si destassero ed iniziassero a pretendere il rispetto della loro dignità? Esigendo, diventerebbero quasi sicuramente egoisti, mentre il brillio del denaro inizierebbe ad accecarli e la brama di potere ad estasiarli, coronando un circolo vizioso del quale non si intravede la fine, almeno in questo mondo così strutturato.

E’ quindi pure un po’ nichilista “Teste Quadre”: una critica ferrea di uno stato dei fatti alla quale non si contrappone neppure un barlume di concreta proposta costruttiva. Ma, in fondo, è solo un romanzo. Un bel romanzo, da cui però risulta soltanto una riprova del pensiero che quasi certamente già animava il lettore: il libro non ci dice nulla che non sapessimo, semplicemente perché non è scritto a scopo espressamente divulgativo. Non un best-seller alla “Gomorra”, rivelatorio di verità sconcertanti fino ad allora (quasi) ignote, ma un valido e pregevole spunto di riflessione su una società globalizzata che – a discapito di un’ampia fetta del credo comune – non progredisce da molto, troppo tempo.

Ecco perché i tempi, oggi, non sono poi così diversi dalla prima guerra mondiale: mentre i governanti e gli alti dirigenti del nostro “primo mondo” annoverano ancora malvagi «cadornini» ed «hitlerini», l’altra abbondante metà muore di fame, sfruttata ad arte con la compiacenza delle “teste quadre” occidentali, ovvero noi, poveri cretini che ci facciamo fottere il cervello dai media risaputamente pilotati dall’alto.

E Biella, come qualsiasi altra città industrializzata ma al contempo ancora “provincialotta” nell’animo, non si discosta troppo dalla descrizione della “Città Quadrata”. Il buonismo temperato convive da sempre con l’affanno alla speculazione e al risparmio nelle menti dei biellesi, ma perpetuamente accompagnato da una certa, ineluttabile inettitudine al progresso e all’evoluzione.

Teste Quadre sono i padri italiani, che mandano coattamente i figli a scuola anche quando questi non dimostrano alcun interesse per la cultura, convinti di poterli vedere un giorno fieri di un titolo di “Dottore” o “Avvocato”, ricorrendo magari a metodi poco ortodossi. Teste Quadre sono anche i politici, i sociologi, i bambini, gli studenti e gli operai. Teste Quadre siamo noi, che non abbiamo il coraggio di cambiare le cose, di abbattere un sistema ormai al collasso che rischia concretamente di crollarci addosso. Anche se, per ora, possiamo stare tranquilli: prima arriverà, come preludio all’imminente tragedia, il nostro “diciannovesimo esaurimento nervoso”. E, allora, sarà davvero soltanto più nebbia che altro.

lunedì 8 marzo 2010

Assioma

Si, è proprio necessario interrogarsi sul significato di un assioma all'interno del dibattito epistemologico.

Chiedo Venia.

La Prof.ssa Stefanizzi mi conceda la grazia
(o forse dovrei chiedere al Presidente Napolitano, ultimamente lo vedo molto ben disposto al condono)

mercoledì 5 agosto 2009

Riflessioni post-vacanze-sarde

Durante il mio recente e, ahimè, già rimpianto soggiorno nella fascinosa Sardegna, in una sera come tante passata al bar Coc-Codrillus (perchè si scrive così?qualcuno me lo dovrà pur spiegare...) della ridente località Isola Rossa ho conosciuto due simpaticoni sardi. Entrambi un pò alticci, dopo vacui discorsi su presunti complotti volti a rendere il luogo un ospizio - non hanno tutti i torti in quanto la piscina dell'hotel traboccava di amebe galleggianti alle 4 del pomeriggio - mi hanno reso partecipe di un'accesa e alquanto controversa discussione riguardanti la mondanità locale e, udite udite, il nostro Presiente Emerito del Consiglio. Infatti, dopo aver citato ed elogiato una lunga lista di locali notturni, il duetto inizia una critica serrata a Sylvio, anticipando una notizia di portata nazionale: il G8, che originariamente si sarebbe dovuto tenere presso la vicina isola de La Maddalena, sarebbe stato spostato a L'Aquila non per il nobile e sbandierato scopo di ridare vigore alla sventurata città, bensì perchè il Cavaliere temeva incursioni "esplosive" nella sua Villa Certosa. Secondo i suddetti tizi, infatti, in Sardegna esisterebbero "associazioni" in possesso di (cito testualmente) "tantu trrittolo da far saltarre l'interra issula" (!). E quale più nobile bersaglio della villa di Porto Rotondo, rinomata sede di orge e simpatici beach-party? Ecco, la cosa esilarante è che i due iniziano subito dopo un panegirico del Billionaire, ritenuto un vero e proprio luogo sacro e intoccabile dell'isola. Forse ignoravano che il Briatore nazionale è caro amico del loro amato Sylvio. O forse, mossi da spiriti inqueti, hanno passato troppo tempo a pianificare l'attentato per trovare tempo di leggere Novella 2000.
A proposito di gossip, non avevo mai avuto il piacere di leggere "Vip", giornalino rosa/porno. Titolava, l'eccellente periodico : "Io me la sposo: Gionatan e Laura". Titolo secondario: "Tanta bella robbba" coadiuvato dalla foto della Marini che, offesa da un "Valeriona" di troppo, lascia il palco in lacrime e indispettita. Ah, Solange ha trovato una compagna!
La morale è un mostro, i moralisti sono delle teste di cazzo, sillogismo: Franceschini vai a cagare. Il Pidì si indigna perchè Sylvio scopa come un riccio. Le ronde nere iniziano a fiorire in tutto il paese. Moriremo tutti ordinati, magari pure fascisti; meglio Sylvio che preticello incontinente. Saremo moralisti ma ci masturberemo con i giornalini rosa/porno. Stiamo delirando, cazzo.

P.S: a Livorno ho preso il sole assorto e in stato di semi-incoscienza, ascoltando il live di Dente mentre il batterista dei Placebo si rotolava a 40 cm dal mio lercio asciugamano. Quale onore!

P.P.S: in veranda, nella dimora sarda, facendo ricerca rete con il cellulare (si, lo so, non ho proprio un cazzo da fare) prendevano ben 9 reti, oltre agli italiani e ai francesi della vicina Corsica, "Orange ES" e "Movistar", operatori spagnoli. Forse sto davvero delirando, ma stavolta ho le prove.

martedì 4 agosto 2009

la logica dell'apparenza

questa è troppo...è davvero troppo!!
un pezzo meraviglioso della Banda Osiris con al piano il sublime Bollani

Fumavi Lacan davanti al Foucault
due belle Popper e il naso un po' Camus
eri Gentile e io felice di averti Adorno
ma tu mi hai messo in Croce e or non ci sei più

La casa vuota,Lassalle deserta
una scritta sul D'aquino:"ciao,io Barthes"
un' Eco nella mente,la tua ombra contro
il Moore
di te mi è rimasto solo un fico Benjamin

Rit. Sarà la logica dell'apparenza o la dialettica trascendentale
sarà la critica della ragione o un giudizio
conoscitivo
e allora Kant,Kant,Kant,Kant...

La situazione ora è un po' Spinoza
io non mi Epicuro più,
straparlo non so più che Vico
est modus in rebus,cogito ergo sum!

Non eri un Hobbes nè un agnello Pascal
e neppure un'inutile pagina da Voltaire
amore Constànt,amore Clemente
un Vattimo di luce nel buio esistente..

sabato 29 novembre 2008

Due bambine nel bosco

Sono rimasto terrorizzato. Tutto inizia con un rassicurante carillon e una cantilena infantile, poi arriva la polizia e...Compaiono due mostri in bilico tra ET e Jedi di Star Wars.
Una orrenda chimera, un incubo tremendo e fottutamente tossico.
Artefici del brano (corredato da videoclip d'autore), le Allun, gruppo sperimentale d'avanguardia noise che oltre a violentare gli strumenti convenzionali utilizza elettrodomestici (si dice che live una componente del gruppo microfoni macchine da cucire, phon e frullatori. Geniale!).
Oh mio Dio, dove vado...?



venerdì 28 novembre 2008

"La storia degli uomini"

Incredibile che un bar possa arrivare a tanto. La pasticceria multifunzione in cui colaziono ogni mattina alla modesta ora delle 7:30 - denominata "Rossarancio" e sita in Via Lamarmora a Biella - va oltre ogni decenza e sfoggia ai clienti una poesia su una lavagnetta.
La suddetta opera, rinnovata con rotazione variabile (anche se non cambia da qualche mese), tratta sempre di pane e derivati, e ha la peculiarità di porre i prodotti forniari al centro dell'esistenza umana. Una nuova filosofia, insomma: il pane come somma ragion di vita.
Pensiero un pò idiota, personalmente, comunque mi pare il caso di riportare la meravigliosa ode ai panificatori, da me accuratamente annotata questa mattina.


"LA STORIA DEGLI UOMINI"
(autore sconosciuto)

«Pane è parola antica, è calda di fuoco fraterno, è pacato conforto di energia, rende lucidi gli occhi e concilia lo scambio di storie.
Senza il pane gli uomini sono animali dispersi, senza memoria.»


PARAFRASI DEL SOTTOSCRITTO ammaliato:
A quando la prossima fellatio? 
La attendo con impazienza al bar, sorseggiando cappuccino fumante accompagnato da una fragrante brioche alla crema.